Intervista a Roberta Carraro e Giorgio Colombo
Intervista a Roberta Carraro, Direttore dell’Agenzia formativa Irecoop Lombardia, e Giorgio Colombo, Responsabile Cura di Noi Genitori Cooperativa sociale onlus di Como, sul Piano formativo “L’inclusione sociale delle persone disabili ai tempi del COVID-19”.
Il piano, finanziato con l’Avviso 45 “Re-Start”, è stato progettato da Irecoop Lombardia e coinvolge, insieme a Noi Genitori, le cooperative Il Melograno e Penna nera.
- “Re-Start” è l’Avviso di Fon.Coop per la formazione veloce a sostegno della ripresa delle attività in era post Covid. Come avete costruito il piano?
Roberta Carraro – Irecoop Lombardia
Come sempre quando esce un Avviso del Fondo invitiamo le nostre associate e illustriamo loro caratteristiche ed obiettivi, raccogliendo i fabbisogni e le macro tematiche che emergono. La cooperativa Noi genitori è stata la prima struttura che abbiamo coinvolto per un piano “Re-Start” perché aveva avuto un’esperienza pregressa molto intensa con Fon.Coop e inoltre avevamo stabilito, in era pre-Covid, di fare una formazione su fabbisogni specifici degli operatori. A giugno, quando è uscito l’Avviso, ci siamo resi conto che quei fabbisogni andavano ripensati nell’ambito di un nuovo contesto che vede in qualche modo stravolta la modalità di avere cura delle persone disabili. E quindi ci siamo focalizzati su come applicare con diligenza, intelligenza e umanità le regole della Regione Lombardia: regole molto rigide, con restrizioni molto forti a tutela delle persone.
Quindi abbiamo coinvolto la cooperativa Il Melograno e la cooperativa Penna nera, che offrono servizi educativi per disabili come Noi Genitori e abbiamo presentato un piano pluriaziendale dedicato prevalentemente alla gestione emotiva della sicurezza. Per sicurezza quindi non si intende l’uso dei dispositivi e l’applicazione delle procedure, che avevano già affrontato a maggio e giugno, quanto la cultura della sicurezza, ovvero come gestire le emozioni personali che ostacolavano la messa in pratica di comportamenti sicuri: la paura del contagio, della morte e della vicinanza, e poi lo stress del rientro al lavoro senza sapere quello che poteva succedere. Questo coinvolge gli operatori ma anche gli utenti e i loro familiari, con i quali bisognerà avviare un dialogo aperto ed efficace sull’importanza della ripresa delle attività e per continuare il lavoro di inclusione avviato negli anni e che rischia un’involuzione.
Giorgio Colombo – Noi Genitori Cooperativa sociale onlus
È dal lockdown che prende l’avvio l’idea di un percorso particolare di formazione. Abbiamo preso atto che quello che facevamo come operatori non andava più bene: pensavamo di essere pronti al cambiamento ma circostanze così drammatiche non erano prevedibili e ci siamo messi intorno ad un tavolo e abbiamo ragionato su come affrontare la nuova cura per i nostri utenti. Innanzitutto dobbiamo acquisire approcci e mentalità svecchiati: per rispettare le distanze grandi e piccole dobbiamo necessariamente essere più creativi e proporre attività fuori dagli schemi. Inoltre dobbiamo diventare più concreti e prendere decisioni in tempi brevi: se “quel” giorno bisogna aprire perché è appena uscita una nuova normativa dopo mesi di chiusura, l’équipe deve essere in grado di farlo, e non solo in momenti di emergenza.
Noi abbiamo riaperto la struttura il 22 di giugno, ma in modo graduale, prima part time in piccoli gruppi che non si dovevano incontrare mai, anche tra operatori, con sanificazione degli spazi in tempi ridotti. Ad agosto abbiamo potuto riprendere il tempo pieno e a settembre, mettendo a disposizione una nuova struttura e reintroducendo i pasti, le nostre persone possono frequentare il centro 4 giorni su 5 a settimana. Insomma, passo dopo passo, stiamo ricominciando le attività, ad uscire con i pulmini e a fare ippoterapia, tutto con le nuove norme di sicurezza sul distanziamento e comunicando alle famiglie le attività da fare. Perché la relazione con le famiglie è fondamentale. In alcuni casi abbiamo riscontrato una difficoltà nelle famiglie a far ri-frequentare il nostro servizio, sia per il rischio di essere esposti al contagio sia perché la “chiusura” ha costruito nuovi equilibri affettivi che si aveva timore a rompere. E questo ci ha disorientato perché significa ri-aprire un dialogo efficace sull’importanza dei nostri servizi soprattutto in era Covid.
Il piano con Irecoop ci servirà per tutto questo. Come anche ci dovrà aiutare poi a dare continuità alle iniziative che abbiamo portato avanti con i nostri pazienti nella fase di chiusura. In quei mesi, grazie alle competenze di alcuni nostri operatori, abbiamo aperto un canale YouTube dove ogni giorno abbiamo postato un video sulle attività da fare. Abbiamo anche trasmesso in streaming un concerto dei nostri ragazzi con alcuni musicisti professionisti e che ha coinvolto la cittadinanza.
Vorremmo essere in grado di produrre questo tipo di “contenuti creativi” in modo continuativo e più sistematico perché, oltre ad essere efficaci nella relazione di cura con i nostri pazienti, coinvolgono la cittadinanza e danno anche il senso della nostra presenza nel territorio. Quindi il piano è dedicato anche alle competenze sull’uso delle tecnologie che “fanno comunità”, per costruire contesti generativi e dove raccogliere quanto di buono c’è in giro. Abbiamo inoltre tre attività economiche che sostengono la cooperativa, il biscottificio, il laboratorio fotografico e il vivaio e che con il lockdown hanno avuto una battuta d’arresto. Con l’aiuto di alcuni amici abbiamo potuto continuare a vendere i nostri prodotti ma comunque abbiamo subito un danno economico e dobbiamo acquisire le competenze per diversificare la vendita dei prodotti facendo leva sulla solidarietà virtuale che passa attraverso i social e le piattaforme di vendita. Essere più social ci consentirà di stringere legami più stabili con la cittadinanza.
Questo Covid ci ha dettato nuovi tempi d’incontro e, cosa che prima non facevamo, abbiamo aperto anche il sabato, che diventerà il giorno per riavvicinare la cittadinanza e fare cose particolari e speciali, magari proponendo piccoli eventi, anche con i volontari che possono proporre percorsi di yoga, giochi per bambini, corsi di fotografia. Cerchiamo di prendere il meglio da quel che è accaduto.
Abbiamo sempre usato la multimedialità ed i social per interloquire e stimolare la nostra città e la nostra comunità e da marzo abbiamo rafforzato l’uso e la qualità della nostra presenza. Come detto, alcuni nostri operatori hanno delle competenze che poi hanno ampliato in modo creativo ma la formazione ci aiuterà ad usarle in modo più consapevole e mirato.
- Come sono stati organizzati i fabbisogni di tre strutture diverse? Quali i vantaggi di una formazione “pluriaziendale”?
Giorgio Colombo
Tutte e tre le cooperative fanno assistenza ai disabili ma è la tipologia degli utenti e delle loro famiglie che ci rende differenti come strutture e quindi nelle esigenze di crescita. La nostra cooperativa, come anche la Penna Nera, ha utenti molto giovani con genitori giovani, che pretendono un servizio di qualità, e vorrebbero che il loro figlio intraprendesse un percorso di autonomia che magari lo porti ad un mestiere, come fare il pasticcere, o il fotografo. Il Melograno ha invece persone avanti in età con genitori in molti casi con oltre 80 anni e che con la pandemia devono affrontare un doppio timore, per sé e per il proprio figlio; inoltre accolgono persone con disturbi del comportamento. Il piano ha momenti comuni e attività specifiche per cooperativa ma in generale è fare formazione insieme un’esperienza importante perché rafforza i legami, ci si conosce meglio e ci si scambia opinioni ed esperienze… e poi insieme si prendono iniziative imprenditoriali comuni, per avere più voce in capitolo: nei tavoli con la Regione, nelle reti dei servizi locali e in tanti altri ambiti.
Roberta Carraro
Il piano accoglie tre strutture che hanno tre target di utenza differenti ma con la medesima mission, la cura delle persone e l’inclusione. Abbiamo quindi progettato un piano con un incontro comune e incontri separati per ciascuna cooperativa. Tutto però parte dall’incontro comune, che è il filo rosso che lega tutti gli interventi, ed è dedicato a come affrontare il tema del distanziamento nella cura delle nostre persone.
Il distanziamento è una regola “esterna” e “fisica” da rispettare che deve diventare “interna” e “praticata” per scoprire come applicarla includendo in modo diverso.
Sembra un ossimoro ma è così: se tutti applicano la giusta distanza per il rispetto di sé e del’altro si possono costruire insieme nuove libertà di relazione tra persone: diventa un gioco, anche. La formazione è più efficace se trasmette nuovi comportamenti con la leggerezza e la serietà di un gioco.